PROBLEMA ACQUA – Come risolvere lo stress idrico in Italia? La community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti propone la desalinizzazione dell’acqua, utilizzando un approccio integrato tra più fonti alternative…
Il problema acqua nel 2022 è stato per l’Italia dirimente: da un lato la siccità ha causato enormi danni alla nostra agricoltura mentre dall’altro, eventi meteorologici estremi e alluvioni hanno martoriato il nostro territorio, da Nord a Sud.
Ancora oggi gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti – almeno di quelli che osservano la Luna e non il dito indice – e alternano ondate di calore a piogge monsoniche. Il dissesto idrogeologico in Italia ci costa tantissimo molto più di quanto si dovrebbe investire in prevenzione, sistemazione del territorio e innovazione.
“Siccità ed eventi estremi dell’intero 2022 hanno generato quasi 6 miliardi di euro di danni per l’agricoltura, quest’anno tra i 7 e i 10 miliardi di danni complessivi stimati solo per l’alluvione in Emilia-Romagna” ci spiega Valerio De Molli, managing partner e Ceo di The European House – Ambrosetti.
Se contro i cambiamenti climatici è necessario agire in fretta sulla decarbonizzazione, contro l’instabilità della disponibilità di acqua, invece, si potrebbe agire tecnologicamente.
Ecco perché la community Valore Acqua per l’Italia propone la dissalazione che, già oggi fonrisce 650.000 m3 di acqua al giorno, utilizzata per il 70% dalla nostra industria.
Ma si può fare di più e meglio.
Potenziare gli invasi e raccogliere le acque meteoriche, riutilizzare l’acqua a fini irrigui e industriali e promuovere la dissalazione dell’acqua marina.
Ne ha parlato la Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti durante i lavori che porteranno alla realizzazione della quinta edizione del libro bianco Valore Acqua per l’Italia.
Questa è la strada: infatti, a livello globale vengono generati 108 milioni di metri cubi al giorno di acqua dissalata; in Italia soltanto 650mila (il 5,9% della produzione giornaliera europea).
La dissalazione delle acque marine, una delle possibili soluzioni al problema della siccità, in Italia è realizzata da 340 impianti (oltre il 50% costruiti prima del 2000) che generano acque impiegate per quasi il 70% nel settore industriale (68,3%) e destinate solo in minima parte all’agricoltura e all’uso civile.
“La dissalazione – continua De Molli – ha le potenzialità per diventare una delle soluzioni di un sistema integrato di approvvigionamento idrico nel nostro Paese, con un mercato oggi però fortemente sviluppato nel Medio Oriente e che concentra il 39% della capacità di dissalazione del mondo, l’Europa l’11% dietro gli Stati Uniti (18%) e davanti all’Africa (8%)”.
Tuttavia, la dissalazione dell’acqua non può essere l’unica soluzione al problema delle siccità e deve necessariamente essere inserita in un ampio spettro di soluzioni innovative e progetuali. Insomma, si deve una volta per tutte uscire dalla solita ottica di gestione dell’emergenza.
Un’altra leva importante per una strategia di lungo periodo contro la siccità – spiegano da The European House – Ambrosetti – deriva dalla valorizzazione degli invasi e dalla raccolta di acque meteoriche.
L’Italia ha la capacità oggi di recuperare solo 5,9 miliardi di metri cubi di acque meteoriche (11% del totale) a fronte di una disponibilità potenziale di 54 miliardi di metri cubi con un impatto importante sulla filiera agricola, industriale, ma anche civile.
Tra le infrastrutture più datate sul territorio troviamo le grandi dighe che hanno un’età media a livello nazionale di 58 anni, ma con punte che raggiungono i 92 anni in Liguria e oltre 80 in Valle d’Aosta e Piemonte.
Le più recenti in Puglia e Molise, rispettivamente con un’età media di 41 e 35 anni. Negli ultimi 10 anni sono state attivate solo 2 dighe di grandi dimensioni.
Ultimo ma non per importanza è il iuso delle acque: “rispetto alla gestione pubblica quella industriale favorisce il riuso delle acque depurate per oltre 23 punti percentuali in più. I 18.000 impianti di depurazione raddoppieranno nel breve-medio periodo, ma rimane da gestire il tema della destinazione delle acque reflue: solo il 4% è oggi destinato al riuso diretto, 6 volte in meno della Spagna e 4 volte in meno rispetto alla Francia” conclude De Molli.
Secondo un’analisi del laboratorio Ref ricerche, infatti, in Italia i reflui potenziali che raggiungono una qualità tale da essere destinati al riutilizzo sono mediamente il 23% del volume depurato, con punte del 41% nel nord-ovest e valori più bassi nel centro (6%).
Di questi, soltanto il 4% risulta effettivamente destinato al riutilizzo, principalmente per uso irriguo e prevalentemente nelle regioni settentrionali.
Il riutilizzo delle acque grigie provenienti da lavandini, docce e lavatrici che possono essere trattate e recuperate per scopi non potabili – come irrigazione, sistemi di scarico dei wc, lavaggio di ambienti esterni o automobili – potrebbe essere un’alternativa per ridurre la dipendenza dalle fonti di acqua fresca per usi non essenziali.
Un approccio che può portare alla riduzione del consumo di acqua potabile, a un risparmio economico a lungo termine e a una maggiore consapevolezza delle tematiche ambientali di interesse globale.
Fonte: GreenPlanner News