SOS per 4.500 aziende frutticole cuneesi che stanno subendo, da un lato, l’impennata dei costi di produzione ed energia e, dall’altro, la diminuzione della domanda perché i consumatori stanno tagliando gli acquisti di frutta per effetto delle difficoltà economiche.
Una situazione insostenibile che vede i nostri produttori obbligati a vendere 5 chili di frutta per potersi pagare un caffè: è quanto ha denunciato Coldiretti al tavolo che aveva chiesto alla Regione di convocare, già ad inizio settembre, per riunire gli attori del comparto ortofrutticolo piemontese.
“I frutticoltori non possono lavorare sotto i costi di produzione e visto quanto sta accadendo siamo pronti ad applicare il Decreto sulle pratiche commerciali sleali” dichiara Enrico Nada, Presidente di Coldiretti Cuneo con delega regionale per l’ortofrutticolo, che spiega: “Vanno previste urgentemente delle specifiche misure per dare ossigeno alle imprese, che vanno dalla moratoria sui debiti alla decontribuzione del lavoro stagionale.
È sicuramente utile un confronto di questo tipo, ma serve uno specifico incontro con la GDO per fermare le speculazioni lungo la filiera ed arrivare a definire una strategia e una progettualità che diano sostegno concreto al comparto”.
La frutticoltura impegna in Provincia di Cuneo 4.500 aziende agricole e una superficie di 12.000 ettari, coltivati principalmente a mele, pesche, kiwi, pere e susine, generando un fatturato potenziale di oltre 260 milioni di euro, senza contare l’indotto.
Serve che la Regione investa delle risorse sulla promozione del comparto frutticolo – rimarca il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu – come avviene peraltro già in altre realtà.
Non possiamo accettare che i prezzi riconosciuti ai frutticoltori restino invariati quando sul comparto stanno gravando i rincari di energia, carburante, materie prime, fertilizzanti ed imballaggi arrivati addirittura al +72%, e intanto il consumatore si trova a pagare la frutta con prezzi alle stelle.
Sono almeno 20-30 anni che ai produttori vengono riconosciuti questi prezzi, senza contare le tempistiche iper dilatate dei pagamenti nonostante gli accordi interprofessionali, ma i costi di produzione sono aumentati fino a triplicare, soprattutto in questo ultimo anno”.
“Oltretutto quest’anno – ricorda Nada – sulla frutticoltura è pesata più che mai la mancanza di manodopera straniera fra ritardi burocratici, blackout informatici e concorrenza sleale di altri Paesi e regioni dove il costo del lavoro è molto più basso del nostro”.
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