L’export di frutta Made in Italy vale 5 miliardi di euro, di cui 3,8 miliardi di fresco e 1,2 miliardi di succhi, confetture e conserve. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sulla base delle proiezioni su dati ISTAT relativi ai primi dieci mesi del 2022 divulgata in occasione di Fruit Logistica di Berlino, la principale Fiera internazionale di settore.
Proprio la Germania rappresenta il primo mercato di sbocco per l’ortofrutta Made in Italy – sottolinea Coldiretti – con circa un quarto del totale esportato; il secondo mercato di riferimento è la Francia, mentre al terzo posto c’è la Gran Bretagna, che vede un incremento dell’export di frutta del 15% nonostante le difficoltà commerciali legate alla Brexit. Al quarto posto si piazza l’Austria, davanti agli Stati Uniti che sono il primo mercato extra UE grazie a un incremento record del 20%.
Restano, tuttavia, un forte ostacolo alle esportazioni le barriere al commercio internazionale. Se le pere cinesi Nashi, ad esempio, arrivano regolarmente nel nostro Paese – rivela Coldiretti Cuneo – quelle italiane non possono andare in Cina perché non è stata ancora concessa l’autorizzazione fitosanitaria, e finché non è chiuso il dossier pere non si può iniziare a parlare di mele, perché i cinesi affrontano un dossier alla volta. Porte sbarrate anche ai kiwi in Giappone – spiega Coldiretti Cuneo – perché non è ancora completato il dossier fitosanitario aperto dal 2008, in barba all’accordo di libero scambio JETA siglato dall’Unione Europea con il Governo nipponico.
Alle barriere commerciali si aggiungono i danni causati dalla concorrenza sleale – denuncia Coldiretti – con quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia che non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, spesso spinto addirittura da agevolazioni e accordi preferenziali stipulati dall’Unione Europea.
Ne sono un esempio – sottolinea Coldiretti Cuneo – le nocciole dalla Turchia, su cui pende l’accusa di sfruttamento del lavoro delle minoranze curde, ma anche l’uva dell’Argentina e le banane del Brasile gravati da pesanti accuse del Dipartimento del lavoro USA per utilizzo del lavoro minorile ma con i quali l’UE ha comunque avviato l’accordo commerciale di libero scambio MERCOSUR.
“È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute” ha affermato il Presidente di Coldiretti Cuneo, Enrico Nada.
“Negli accordi di libero scambio va garantito il rispetto del principio di reciprocità per ridurre al minimo il divario tra gli standard di produzione europei e quelli dei Paesi terzi, garantire la sicurezza dei prodotti che varcano le nostre frontiere e contrastare la concorrenza sleale a tutela delle nostre imprese” conclude il Direttore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu.
Fonte: Coldiretti Cuneo